Per me che vivo immersa nella carta, che a volte arriva letteralmente a sommergermi, il lavorare da casa ha comportato inizialmente un forte grado di stress.
Non potermi recare in ufficio, aprire ogni mattina la corrispondenza e svolgere tutte le normali incombenze di chi, come me si occupa di Amministrazione e di tutta la catena del lavoro (gestione delle Risorse umane, dei Fornitori, dei Media…) mi ha regalato un senso di ansia che mi ha accompagnato per diversi giorni.
Poi, come a tutto, ci si abitua. Il nostro fiduciario, il cui ufficio è a pochi passi dal nostro, va ogni mattina a ritirare la posta, ho richiesto ai più di inviarmi ogni comunicazione per email e così, giorno dopo giorno sono arrivata al mio primo mese da “reclusa”.
Certamente mi sono adattata ma non ne sono felice. Anzi. Non amo unire il lavoro alla vita privata e questa continua promiscuità proprio non mi va.
Di sicuro, una volta terminata l’emergenza, non sarò tra coloro che saranno felici di proseguire quest’esperienza e sarò ben felice di ritrovare la mia quotidianità, fatta di spazi distinti vissuti in maniera diversa e separata.