SMART WORKING: il racconto della nostra esperienza

Senza dubbio quello che stiamo vivendo non è un vero e proprio smart working: in una situazione ideale e programmata si partirebbe infatti dall’ascolto chiedendo a ogni collaboratore come vorrebbe lavorare, analizzando ogni singolo comportamento nel corso dell’intera giornata, dall’arrivo in ufficio alla pausa pranzo.
In base ai risultati si dovrebbe definire la soluzione migliore e più smart per ognuno, avviare dei test con piccoli gruppi di collaboratori selezionati per singole funzioni.
Si dovrebbero raccogliere i feedback e, solo dopo averli analizzati e aver tratto le dovute conclusioni, si passerebbe all’implementazione, creando una policy che sia il più comprensiva possibile dei bisogni di tutti.
Quello che stiamo vivendo è lavoro svolto obbligatoriamente da casa in situazione di quarantena, senza alcuna libertà di scelta, né possibilità di applicazione di strategie e di tecniche.
Ma non importa! Abbiamo imparato ad organizzare meglio il nostro lavoro e siamo tutti convinti che l’esperienza che stiamo vivendo, noi così come tutti coloro che sono attivi in qualsiasi ambito professionale, rappresenta senza dubbio un’insostituibile opportunità di apprendimento e di crescita.

Qui di seguito le mie personali impressioni.

Prima dell’epidemia personalmente ho sempre faticato moltissimo a metabolizzare lo smart working come reale forma di impiego.
Dopo 4 settimane, nel corso delle quali ho dovuto forzatamente adattarmi ad abbracciare quest’unica forma di lavoro, devo ammettere che la mia percezione è indubbiamente cambiata.
Lavorando in remoto ho avuto innanzitutto l’opportunità di riconoscere il reale valore dei miei collaboratori.
Certo, che fossero bravi lo sapevo anche prima, ma un conto è lavorare tutti insieme, con il “capo” a fianco e un altro è farlo da casa propria, in maniera destrutturata e solitaria.
Naturalmente lavorare in casa, mancando uno spazio dedicato e condividendo quello che c’è con la famiglia non è facile ma stiamo lentamente imparando: ci stiamo dando degli orari di inizio e fine chiari, ci prendiamo delle pause da dedicare a noi stessi e ai nostri familiari, facciamo un po’ di attività fisica per compensare almeno quella che si faceva nello spostamento casa-ufficio, ci siamo messi a dieta, cerchiamo di restare sereni e di ricreare la routine mattutina e, sopratutto, continuiamo a socializzare tra di noi, anche se mediati dalla tecnologia.
Nonostante sia una condizione anomala e forzata devo riconoscere che mi ha insegnato molto e mi ha obbligato a un radicale cambio di cultura imprenditoriale: il passaggio dal CONTROLLO alla FIDUCIA.
Durante queste settimane ho imparato che smart working è comunque business: approccio, linguaggio e abbigliamento adeguati aiutano concentrazione, produttività e rispetto e la fiducia si traduce in coinvolgimento e creatività.