Quando la propria professione è la comunicazione, le parole che si utilizzano per mandare dei messaggi sono di importanza fondamentale. Capita però sempre più spesso, in un momento di paura e di competizione sempre più spietata, di vedere specialisti del settore che, con toni molto forti e talvolta offensivi, cercano di accaparrarsi anche l’ultima fetta di mercato disponibile a suon di “sono tutti truffatori tranne noi”.

Partendo dal presupposto che, anche nel settore della comunicazione, alle parole devono corrispondere i fatti, ecco alcune ragioni per cui questa tecnica comunicativa non solo è scorretta nei confronti dei competitor, ma anche nei confronti dei clienti.

1. Sminuire l’altro è una vecchia e mediocre tecnica di vendita, non una consulenza

Se un cliente sta cercando un consiglio su come migliorare la propria strategia comunicativa, sminuire la concorrenza per partito preso è segno di superficialità. È come quando si racconta un’esperienza o un proprio sentimento ad un amico, e questo risponde semplicemente con “sapessi cosa è successo a me, invece!”. In questo modo, non solo si perde di vista l’esigenza dell’altro, ma ci si pone al centro di un discorso che dovrebbe avere come unico fulcro le aspettative, i desideri e (perché no?) le paure del cliente.

2. “Chi si loda, s’imbroda”… e alla lunga i fatti lo dimostrano!

Ogni cliente è un caso a sé stante: possiamo avere mille modelli, esempi e storie di successo, ma se il cliente dovesse avere una richiesta o un problema cui non siamo preparati (com’è naturale che succeda prima o poi), tutto il discorso iniziale del “nessuno è meglio di noi” cadrebbe miseramente. Non per altro: il migliore sa di poter trovare sulla propria strada ostacoli nuovi e di doversi quindi mettere sempre in discussione non solo per la propria crescita personale, ma anche e soprattutto per il bene del cliente. Inoltre, il migliore sa che esperienze diverse portano a soluzioni diverse e che quindi un competitor potrebbe aver già trovato la soluzione ad un problema apparentemente insormontabile per noi: sarebbe davvero imbarazzante se, dopo tutta questa auto-esaltazione, il nostro cliente venisse a saperlo, vero?

3. Il cliente non è sprovveduto, quindi bisogna smettere di trattarlo come se lo fosse

Un professionista della comunicazione online sa bene che oggi il cliente, attraverso Internet, è perfettamente in grado di farsi la propria opinione in modo diretto sulle Aziende a cui intende rivolgersi per un prodotto o un servizio. Per questa ragione, non ha bisogno del supereroe che lo salvi da un’ipotetica “truffa”, ma di una consulenza mirata al raggiungimento dei suoi stessi obiettivi. Ecco perché chi si rivolge a noi non apprezzerà sentir parlar male della concorrenza: se ha scelto noi piuttosto che un altro vuol dire che ha già fatto le proprie valutazioni e che, magari anche solo per qualche momento, è stato probabilmente indeciso su chi scegliere. Dirgli che la sua ipotetica opzione concorrente è sostanzialmente una banda di truffatori equivale a sminuire il suo giudizio, e questo il cliente lo percepisce. A nessuno piace sentirsi stupidi o derisi.

4. La qualità non si racconta: si dimostra

Internet ha dato ai clienti degli strumenti straordinari: le recensioni e un passaparola amplificato. Se qualcuno è davvero bravo nel proprio mestiere, saranno gli stessi clienti a parlarne bene e a difenderlo da eventuali attacchi. Un cliente soddisfatto vale più di mille messaggi più o meno aggressivi.

5. Ci sono due modi di convincere: usare la propaganda o dare sempre il meglio di sé

C’è un pericoloso precedente relativo alla comunicazione semplicistica e aggressiva: gli 11 punti della propaganda di Goebbels. Per fortuna, però, la popolazione negli ultimi 75 anni è “cresciuta” a livello comunicativo e (anche se qualcuno ci casca ancora) le persone oggi sono in grado di cercare e confrontare. Per questa ragione, dovrebbe ormai essere prassi comune trattare il cliente come un proprio pari e non più come parte di una massa da convincere.
Di base, è una questione di rispetto.

6. Il competitor non è un ladro di clienti ma, se analizzato correttamente, una fonte di idee

Un bravo professionista sa benissimo di non essere l’unico a saper fare il proprio mestiere. Esplorare le soluzioni dei competitor senza sminuirle a priori permette di creare un confronto costruttivo e imparare. Del resto, crescere è impossibile se l’unica cosa che si fa è guardarsi allo specchio autoconvincendosi della propria bravura. E sarebbe inoltre ipocrita e poco edificante doversi poi trovare ad adottare (per ragioni differenti e talvolta indipendenti dalla nostra volontà) una soluzione su cui fino al giorno prima si sputava, no?

7. Infine, non sminuire il competitor è anche una questione di educazione

Il cliente non è il nostro amico, ma una persona che ci paga e si aspetta da noi un servizio di qualità. Ecco perché sfogare su di lui le proprie frustrazioni legate ai competitor è assolutamente fuori luogo, oltre che indice di profonda insicurezza. Inoltre, per quanto ben informati, noi non possiamo conoscere tutti i risultati e le tecniche messe in atto dagli altri specialisti del settore, quindi attaccare soluzioni che non si conoscono è segno di scarsa educazione e superficialità.
E, diciamocelo: nessuno vuole avere a che fare con i maleducati.

Se siete arrivati fino a qui, probabilmente vi starete chiedendo se tutto questo discorso significa parlare bene sempre e comunque della concorrenza. La risposta è: assolutamente no!
Se il cliente chiede un parere su un’offerta concorrente bisogna sicuramente mettere in evidenza i vantaggi della propria proposta su quella dell’altro: il mercato è sempre il mercato.

Ma, alla fine, ci sono diversi modi per convincere un cliente a scegliere noi rispetto ad altri: uno è urlare (metaforicamente, o così almeno spero) e spaventare, facendo leva sui sentimenti negativi del potenziale cliente (“potresti essere fregato e fare la figura dello scemo, se non ti rivolgi a me” piuttosto che “potresti buttare via dei soldi”).

Oppure si può scegliere di porsi con la massima trasparenza, analizzare fino in fondo l’esigenza del cliente, spiegare il potenziale e (se necessario) i limiti del servizio che si è in grado di offrire e, soprattutto, contestualizzare sempre ogni sforzo con motivazioni e riflessioni.

Cosa significa questa seconda modalità? In pratica, coinvolgere attivamente il cliente in un brainstorming costante e aiutarlo a focalizzare al meglio non solo i suoi obiettivi, ma anche la strada migliore per realizzarli, sapendo cambiare eventualmente strategia secondo il mutamento delle circostanze. Ne scaturisce un circolo virtuoso che permette da un lato una crescita professionale e, dall’altro, la fidelizzazione del cliente.

Personalmente, preferisco di gran lunga la seconda strada. E voi?