Un evento indiscutibilmente drammatico e profondamente sbagliato può essere strumentalizzato a fini di marketing? Personalmente sono dell’avviso che in molti purtroppo l’abbiano fatto, così come sono convinto che gli errori palesi che appaiono periodicamente sui manifesti pubblicitari siano trucchi per attirare l’attenzione e fare parlare del proprio prodotto. Purtroppo la ricerca della visibilità, se non è accompagnata da un forte senso dell’etica, si trasforma facilmente in un pessimo esempio per la Società.
Se volete ascoltare l’intervista integrale, che prosegue anche con l’analisi del valore di un marchio e un commento sugli errori nei testi pubblicitari, potete cliccare il seguente link: https://www.rsi.ch/rete-uno/programmi/intrattenimento/detto-tra-noi/Moretti-si-Moretti-no-13116408.html cliccando sul bottone Moretti si, Moretti no (2./2) dal minuto 12:19.
Qui di seguito alcuni estratti dell’intervista.
I Moretti, i dolcetti svizzeri tanto amati, sono contestati ora da alcuni consumatori. Le creme sbiancanti prodotte da colossi della cosmesi sono state rimosse. Quale sensibilità spinge alcuni a contestare un dolce? Quanto è importante il nome di un prodotto? Chi lo decide? Un prodotto sul mercato può davvero offenderci, anche se non lo utilizziamo oppure è solo marketing?
Roberto Mazzantini è stato intervistato durante la trasmissione radiofonica Detto Tra Noi in onda su Rete Uno e ha risposto a queste domande dal punto di vista di un pubblicitario: qui di seguito alcuni estratti.
«Il caso in voga in questo momento com’è quello sui Moretti, ovvero se sia corretto o meno ritirare un prodotto dagli scaffali o cambiargli il nome parte tutto da un’isteria collettiva, scatenata da un fatto di cronaca molto grave.
È chiaro però che qui c’è una strategia commerciale da parte di molte aziende di cavalcare questo momento di paura e insicurezza e di trasformarlo in un evento di marketing. Questo perché non posso credere che tutti siano così propensi a cambiare nome ad un prodotto solamente perché, forse in un altro Stato lontano, potrebbe esserci la paura di offerte qualcuno con una sensibilità diversa. Continuo perciò a sostenere che questo non sia altro che un modo per far parlare di sé.
La comunicazione oggi avviene quasi tutta via Internet e via social e questi ultimi sono sicuramente degli amplificatori straordinari di sensazioni e di movimenti, anche “di pancia”. Quindi se si fa partire una discussione su qualcosa che a volta è pretestuoso e assurdo, si fa partire una campagna pubblicitaria gratuita che diventerà virale trovando una maniera attiva, proattiva e a volte aggressiva di fare marketing. Questa forma di comunicazione è un’evoluzione del guerrilla marketing che purtroppo, parlando alla pancia può sì diventare velocemente virale e globale ma scatenare anche le reazioni più imprevedibili.
Noi comunicatori abbiamo senz’altro una responsabilità quando scelgliamo come comunicare perché la pubblicità riesce a cambiare o comunque a orientare i consumatori e per questo si dovrebbe avere un maggiore senso etico per evitare sbandate gravi. Purtroppo, non sempre la pubblicità ci riesce in maniera positiva.»
Ma come vengono scelti i nomi dei prodotti e cosa ci sta dietro allo studio di un brand?
«Scegliere un nome di un prodotto dipende molto dal mercato, dal pubblico (target) e dalla tipologia del prodotto stesso. Le regole di base sono sicuramente quelle di cercare un nome corto, facilmente memorizzabile e possibilmente che possa richiamare alla mente altre cose tramite un’associazione mentale. Nel caso specifico se parliamo dei Moretti ovviamente è immediato il collegamento con il colore e alla simpatia nel nome. Sicuramente non c’era nulla di razzista in quella scelta.»