Chi mai avrebbe immaginato che negli agi e nelle modernità del XXI secolo ci saremmo rinchiusi volontariamente in casa per contrastare una pandemia? Fino a qualche mese fa, pensare alle epidemie, faceva tornare in mente i libri di storia o “I Promessi Sposi”. E poi siamo onesti, quasi tutti pensavano sarebbe stata davvero l’ennesima influenza o comunque una cosa che a noi occidentali, non avrebbe colpito. Forse avrebbe fatto un po’ di scalpore mediatico e com’era venuta se ne sarebbe andata. Del resto, era “una cosa cinese”.
Invece, da quel fatidico 9 marzo, tutto è cambiato. La novità del lavoro da casa e l’eccitazione dei primi giorni ha lasciato, ben presto, spazio alla noia, alla pigrizia mista a malinconia e alla routine domestica.
Lo smart working a cui tutti noi ci siamo dovuti abituare, in maniera repentina e un po’ impreparati, ha i suoi pro e contro. Puoi alzarti un po’ più tardi alla mattina, una capatina in bagno e sei subito operativo con la prima videochiamata di gruppo della giornata.
Faccio un lavoro in cui basta avere un portatile e puoi fare (quasi) di tutto eppure spesso i limiti di questo “lavoro agile” si mostrano: senza una buona connessione Internet sei a piedi; confronti, modifiche o lavori in team si dilungano tra messaggi, chiamate e e-mail. E anche contattare i clienti, a volte, diventa più complicato: prima si alzava il telefono e tac, adesso via con la trafila di e-mail in attesa di una risposta!
La prolungata routine domestica si sta rivelando terribilmente noiosa e altrettanto sregolata: vivo in tuta (perlomeno mi sono obbligato a non rimanere in pigiama!), consumo rapidamente dei pasti spartani ma soprattutto non rispetto gli orari che normalmente seguirei in ufficio. Non è che mi sono impigrito, tutt’altro: nel mio isolamento solitario, il lavoro contribuisce a riempire giornate altrimenti monotone. Tuttavia, fin dai tempi dell’università, ho scoperto di essere più produttivo alla mattina presto e alla sera. E così, finisco per spegnere il computer in orari improbabili.
Nel tentativo di correggere queste abitudini, mi sono imposto di svolgere una serie di incombenze domestiche con rigida cadenza. Inoltre, per limitare la mia dipendenza dal computer, unica finestra sul mondo esterno, mi sto sforzando di smaltire la pila di libri accumulatasi sul comodino, composta da una decina tra romanzi, saggi e guide turistiche che in un qualche momento ho iniziato a leggere e non ho mai terminato. Oppure ancora porto fuori il cane e quel quarto d’ora di boccata d’aria sembrano una manna.
Non avrei mai pensato che mi sarebbe mancata il tragitto casa-lavoro e viceversa. Quell’ora di auto, se sei fortunato, in cui puoi fare solo tre cose: guidare, ascoltare la radio oppure rimanere solo coi tuoi pensieri. Solo ora mi accorgo che mi aiutava a staccare e un po’ anche a ricaricarmi. Magari imprecavi perché eri fermo in coda in autostrada, saltavi da una stazione radio all’altra, ripensavi alla giornata e alle emozioni vissute, ma perlomeno eri “libero”.